Alzheimer: annunciata la scoperta di un anticorpo monoclonale utile nella fase precoce della malattia.

Perdita della memoria a breve termine, incapacità di parlare e disorientamento spazio-temporale: ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 500 mila nuovi casi di Alzheimer, una malattia la cui aspettativa di vita, dal momento della diagnosi, varia tra i 3 e i 9 anni. Lo scorso marzo a Nizza, alla Conferenza Internazionale sulla malattia di Alzheimer e sulla malattia di Parkinson, è stata annunciata la scoperta di un anticorpo monoclonale utile allo stadio precoce della malattia:

Il morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è la più frequente malattia degenerativa dell’età avanzata.

In genere, colpisce oltre i 65 anni ma talvolta può interessare anche persone di età più giovane.

Il sintomo più precoce è l’incapacità di ricordare gli eventi  recenti, ovvero viene a mancare la memoria a breve termine, successivamente, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare ma può causare anche altri problemi fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.

L’aspettativa di vita dal momento della diagnosi varia tra i 3 e i 9 anni.

Questa malattia è stata descritta per la prima volta dal neurologo tedesco Alois Alzheimer nel l906 e i dati sulla diffusione del morbo sono impressionanti: oltre 26 milioni a livello mondiale.

In Italia, colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e gli ammalati sono all’incirca 500.000.

 

Cause del Morbo di Alzheimer

Le cause del morbo non sono ancora ben chiare, la malattia è strettamente associata a placche amiloidi dette anche placche senili, costituita in gran parte da ammassi di un peptide, il beta-amiloide, prodotto in quantità eccessiva, che si accumula negli spazi extracellulari dell’encefalo. Non è nota la causa prima di tale degenerazione.

Da anni, la ricerca mondiale mira a identificare un anticorpo monoclonale in grado di aggredire il beta-amiloide, purtroppo senza risultati.

 

Morbo di Alzheimer: progressi e ricerca

Dopo anni di ricerche infruttuose è stato finalmente trovato un anticorpo monoclonale in grado di aggredire la proteina beta-amiloide nello stadio precoce di malattia.

L’annuncio è stato dato da Jeff  Sevigny alla Conferenza Internazionale sulla malattia di Alzheimer e sulla malattia di Parkinson tenutasi a Nizza nel mese di marzo.

Sevigny riferisce che è stato osservata all’esame PET (tomografia ad emissione di positroni)  una riduzione statisticamente significativa delle placche di  beta-amiloide. La riduzione delle placche si è cominciata ad osservare alla ventiseiesima settimana con un picco alla cinquantaquattresima, e questo in tutte le aree del cervello analizzate.

Un’altra osservazione, non meno importante, durante il trattamento si è osservata una riduzione nel declino nelle capacità cognitive tipica delle persone affette da Alzheimer.

La tossicità al farmaco, una componente fondamentale nello studio di nuovi farmaci, si è dimostrata buona, circa il 10% dei pazienti hanno manifestato una tossicità seria nel gruppo a cui è stato somministrato un basso dosaggio di farmaco mentre il 38% ha manifestato  tossicità nel gruppo ad alto dosaggio di farmaco.

Un particolare curioso; anche il 38% dei pazienti trattati con il placebo ha manifestato episodi di tossicità, questo la dice lunga sulla capacità di autosuggestionarci quando assumiamo un medicinale.

Malgrado i risultati non siano definitivi e l’anticorpo utilizzato non ferma ma rallenta la malattia, per i medici ed i ricercatori che si occupano del morbo di Alzheimer i risultati preliminari di questo studio sono estremamente incoraggianti.

Finalmente si è aperta una breccia in un muro che sembrava incrollabile.